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Progetto PON

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PROGETTO PON

29 maggio 2019

L'Unione Europea incontra l'America Latina

 

Evento organizzato con grande e viva partecipazione

 

Il progetto PON della professoressa Chiara Saracco ha visto coinvolti gli studenti delle scuole genovesi dell'Istituto Superiore E. Montale e degli allievi della Scuola Primaria A.G. Barrili di Piazza Palermo.

  

 Con una serie di giochi dedicati a 4 case: Unione Europea  - Genova   -  America Latina  -   Amicizia 

e una piattaforma centrale con oggetti e simboli per ogni postazione, gli studenti delle elementari in gruppo

dovevano rispondere a delle domande.

 Ottenuto il benestare della giuria cercavano tra gli oggetti ciò che avrebbero desiderato "caricare" su una nave

che trasportava simboli e immagine tra Europa e America Latina.

La nave si componeva, come un puzzle da completare a fine gioco, con tutto il materiale scelto.

 

I gruppi dovevano poi indicare le scelte fatte e immaginare di rendere più vicini due mondi separati da un oceano.

 

In realtà trovavano già lettere e fotografie di migranti che nella storia del Novecento hanno creato legami profondi con l'America Latina.

 

 ... E ... a fine gioco ... bandierine per tutti

(come si vede nella prima fotografia dove tutti sono stati soddisfatti del lavoro svolto)

 

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Premiazione concorso “Fai goal sugli obiettivi! immagina una città migliore in un mondo migliore”

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 Il concorso di AICCRE e PLATFORMA che ha avuto come obiettivo quello di sensibilizzare e coinvolgere i cittadini italiani ed i loro amministratori locali sull’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e i relativi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

La premiazione si è tenuta a Bologna presso la sede della Regione Emilia Romagna.

I Comuni liguri premiati sono stati:

Consiglio comunale dei ragazzi di Quiliano (Savona) mandato Ottobre 2018 - Novembre 2019

 

 Ritirano il premio il Sindaco Marianna Barbano e Gabriele Giannuzzi

 

Consiglio comunale dei ragazzi di Sant’ Olcese (Genova)

nel mandato appena concluso sotto la Presidenza di Alessia Noli

 

 ritira il premio il nuovo Presidente del Consiglio dei Ragazzi Mikyas Scrocco

  

 

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Ucraina-Claudia Petrucci

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Appunti per una fase difficile                                           di  Claudia Petrucci

E’ ’molto difficile intervenire in una situazione in cui sembrano saltati i parametri di relativa razionalità che negli ultimi settant’anni hanno progressivamente negato la legittimità dell’uso  della guerra e hanno provato a sostituirla con sistemi più complessi e meno distruttivi di relazioni internazionali. Ed e’ molto difficile parlarne a scuola senza cadere in luoghi comuni e in semplificazioni fuorvianti. Ma credo utile usare i nostri strumenti di educatori e ricercatori per cercare comunque di comprendere,  e aiutare a comprendere,  quello che accade. Può essere utile, per esempio, lavorare su alcune parole chiave di grande impatto ma di facile fraintendimento.

Conflitto/Violenza/ Guerra  ( e le relative ragioni/motivi /cause). Vanno spesso insieme ma bisogna “disaccoppiarle”. “ Conflitto” è forse  l’unica a cui può essere avvicinata la ricerca di ragioni cause motivi, anche storici. Perche il conflitto è nelle cose e ci sono molti modi positivi e fruttuosi di gestirlo. La violenza invece è diversa, viene da dentro, comporta la volontà di  negare ogni relazione e fare all’altro un danno irreversibile, e ha talvolta a che fare con dimensioni individuali profonde. La consapevolezza e la possibilità di gestire il proprio lato violento può costituire un percorso educativo di grande rilevanza, e infatti lo è in molte esperienze importanti di educazione alla pace.

La guerra è ancora altra cosa . Non è automaticamente connessa né con le ragioni di conflitto né con le pulsioni violente . Ha a che fare con le relazioni tra  stati sovrani. E per secoli la guerra è stata vista come  la maniera ovvia di risolvere le controversie tra stati attraverso la distruzione feroce e programmata di vite umane. Oggi è’ la scorciatoia criminale delle dittature, inaccettabile per le democrazie e perfino, come vediamo,  ipocritamente negata dagli stessi dittatori che la fanno, ma proibiscono di chiamarla col suo nome, e la nascondono dietro la banalità del male di espressioni burocratiche (“operazione militare”, “conseguimento degli obiettivi prefissati” ecc,).

Dopo le due guerre mondiali la ricerca di strategie e strumenti per evitare il ricorso alla guerra è diventata sistematica e ha portato a istituzioni internazionali di mediazione, e anche a esempi , come la UE, di integrazione strutturale tra stati tradizionalmente nemici. Queste strategie strumenti e istituzioni non sempre funzionano. Ma conoscerli almeno nelle linee generali è importante, anche perché altrimenti si finisce col pensare che la pace  (altra e fondamentale parola chiave) sia un valore astratto e un’esigenza morale capace di muovere individui e collettivi anche imponenti, ma alla fine  destinata a cedere alla logica delle armi.

L’educazione alla non violenza, sia in termini di consapevolezza individuale, sia in termini di metodi di resistenza e pressione collettiva, fa parte delle strategie di ricerca della pace ma non basta a esaurirle. Nelle relazioni tra gli stati, evitare la guerra significa certo moral suasion ed espressione di dissenso, e tanto più forte se all’interno del campo aggressore, come le eroiche manifestazioni russe di opposizione alla guerra di Putin, con migliaia di arresti. Significa però  anche pressione di istituzioni internazionali, cooperazione e interventi umanitari,  sanzioni economiche e perfino  sistemi di deterrenza. La strategia della pace da perseguire e  ripristinare appena possibile è una cornice importante soprattutto in quei casi in cui è inevitabile una resistenza armata. Perché bisogna anche discutere di questo, per quanto spinoso possa essere, e non si può chiedere ai cittadini ucraini di non combattere un dittatore sanguinario, e non ci si può mantenere equidistanti tra aggressori e aggrediti.

La storia. Il nazionalismo distorce la storia, come si vede nel discorso di Putin  che giustifica l’aggressione all’Ucraina dichiarando stati legittimi solo le entità politiche  già presenti nel medioevo. In realtà, quando lo stato nazionalista riscrive la storia, fa arretrare la legittimità, l’ esistenza ammissibile,  fino a un passato di antenati mitici. Fa coincidere la salvaguardia della lingua madre con il presidio militare di ipotetici confini “naturali”, ignorando che le organizzazioni statali democratiche sono tali proprio perché non presumono di incarnare una omogeneità linguistica o etnica e che i confini sono storicamente variabili. Qui un esercizio utile potrebbe essere ripercorrere con l’aiuto dell’atlante storico i confini europei degli ultimi cento anni, e approfondire,divisi in gruppi, un secolo nella vita materiale e culturale di uno p più paese o di una regione d’Europa. Per rendersi conto che le identità non sono  immutabili e che  le “patrie”  sono molto più complesse e multiformi e coinvolte in sistemi di relazioni reciproche di quanto non raccontino le mitologie nazionaliste

L’Europa. Anche qui scontiamo una certa confusione, anche nel modo in cui opinionisti di successo presentano i problemi, e la confusione  si riverbera anche su quello che si insegna a scuola. Per esempio, è sbagliato presentare  l’Europa come una mera organizzazione internazionale. Ed è pericoloso indulgere a facili ironie sulle sue mancanze. L’Unione Europea è invece un progetto federale purtroppo ancora  incompleto, . L’impegno a completarlo, in modo da affrontarne anche le contraddizioni,  dovrebbe essere ben presente a tutti quelli che si occupano di comunicazione e formazione, e non solo come aspirazione ideale, ma come vera e necessaria strategia culturale.

 La capacità di tenuta europea  è l’altra faccia della crisi ucraina. Paghiamo prezzi molto severi per la mancanza  di una vera federazione europea, soggetto politico di multipolarismo e di mediazione, autonoma dagli USA anche sul piano militare (dato che anche le “potenze erbivore” hanno comunque bisogno di un apparato di protezione!). Questa mancanza ha pesato anche nel riaprirsi di quella faglia bipolare  est/ ovest  di cui ora vediamo, con l’aggressione putiniana all’Ucraina,  la versione criminale.

 In concreto, per esempio, e anche senza voler toccare i temi spinosi della politica estera e della difesa europea,  è fondamentale che l’Europa si doti di una politica energetica comune che la renda meno esposta a ricatti e a connivenze pericolose. La piccolezza e la fragilità del territorio italiano impediscono di pensare a una autosufficienza nazionale,  nemmeno se si mettessero sotto i piedi le considerazioni ecologiche e si rinunciasse alla tutela del suolo e del paesaggio. Ma una gestione autonoma e  diversificata delle fonti energetiche sarebbe ben diversa se pensata a livello europeo. Fu la gestione congiunta del carbone e dell’acciaio uno dei pilastri della costruzione della Comunità Europea. Ragionare su questo, anche a scuola, si può.

Claudia Petrucci, componente del CTS di Sisus (https://www.lasocietainclasse.it/blog/quello-della-pietra-e-della-fionda)

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David Sassoli

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David Sassoli: un grande europeista e un grande Presidente del Parlamento europeo

 Con David Sassoli abbiamo perso un grande Presidente del Parlamento Europeo. Una personalità che si inserisce nel solco della tradizione europeista italiana. Ripercorriamo qui le sue ultime battaglie politiche, bussola per chi vorrà seguirne le orme.

Ho conosciuto David Sassoli durante il suo primo mandato di parlamentare europeo in occasione di un convegno alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, dove allora ero un giovane ricercatore. Rimase colpito dal mio intervento e durante la pausa dei lavori iniziammo a discutere appassionatamente. Ci scambiammo i numeri di telefono e quella discussione appassionata non si è più interrotta, ripresa a ogni tornante cruciale del processo di unificazione europea. Nulla di più naturale per un parlamentare europeo che era anche membro del Gruppo Spinelli, che riunisce le personalità politiche più impegnate nella riforma dell’Unione in senso federale, ed iscritto alla sezione di Roma del Movimento Federalista Europeo.

David Sassoli era una persona per bene, gentile, pacata, mite, con un sorriso solare. Ma era anche determinato, perseverante, un infaticabile lavoratore al servizio dei suoi ideali. La dimostrazione vivente che si può fare politica e ottenere risultati concreti per i cittadini senza urlare, sbraitare, battere i pugni sul tavolo – comportamenti che magari danno visibilità e consenso, ma non risolvono alcun problema. La sua passione e dedizione all’Europa sono testimoniate anche dal fatto che la sua azione politica si è svolta tutta a livello europeo, e dal suo netto rifiuto all’idea di abbandonare il Parlamento europeo per candidarsi a sindaco di Roma.

Molti lo ricordano come giornalista e conduttore del TG1. Ancora più rilevante la sua attività da parlamentare europeo, forse meno visibile in Italia almeno fino alla sua elezione a Presidente del Parlamento europeo. Non tutti i presidenti del Parlamento europeo lasciano il segno o si impegnano in grandi battaglie. Le battaglie politiche si possono vincere o perdere, e nel combatterle ci si crea sempre dei nemici. Chi vuole “essere” qualcosa, invece che “fare” qualcosa, spesso svolge certi ruoli senza combattere, magari nella speranza di riuscire a mantenere quella posizione o conquistarne altre a livello nazionale o europeo. Non era certo questo il caso di David. Mi piace ricordare tre sue battaglie da Presidente del Parlamento, che indicano le sue priorità e la bussola da seguire per chi vorrà seguirne le orme. E che aveva ripreso anche nel messaggio con cui aveva voluto partecipare al webinar sul futuro dell’Europa in occasione dei 35 anni della morte di Altiero Spinelli, promosso da EURACTIV Italia.

La prima battaglia è quella per lo stato di diritto e i diritti fondamentali dei cittadini europei in tutti gli Stati membri. L’ha ricordata fin dal suo discorso d’insediamento come Presidente e poi ha spinto per la creazione del meccanismo di condizionalità a tutela dello stato di diritto, che permette di bloccare l’erogazione dei fondi europei ai Paesi che lo violino. E quando gli Stati membri si sono accordati per non applicarlo subito il Parlamento ha citato in giudizio la Commissione europea per la mancata implementazione. Il servizio legale del Parlamento riteneva non certo che la causa potesse essere vinta, ma il Parlamento voleva comunque dare un segnale politico forte del proprio impegno a tutela dei diritti dei cittadini europei.

La seconda riguarda la risposta europea alla pandemia, la creazione del Next Generation EU e l’impegno perché rimanesse nel quadro del bilancio dell’UE, così garantendo un ruolo al Parlamento europeo nel processo decisionale, evitando soluzioni puramente intergovernative. Ciò era del tutto coerente con la visione del Parlamento europeo, unica istituzione europea eletta a suffragio universale diretto, come legittimo rappresentante dei cittadini europei, portatore di una prospettiva europea, a tutela dell’interessa generale, a differenza dei governi degli Stati membri, portatori di una prospettiva e di un interesse meramente nazionale. E collegata a questa la battaglia condotta dal Parlamento sul tema dell’aumento del bilancio e del tetto delle risorse proprie, cioè le entrate europee necessarie poi a ripagare il Next Generation EU. Queste due battaglie si legavano tra loro perché il Parlamento attualmente ha poteri limitati nella definizione dell’ammontare del bilancio europeo e delle sue entrate. E se un vecchio principio della democrazia è “No taxation without representation”, nell’UE la sfida è ormai “No representation without taxation”. Tanto più che la fiscalità europea di cui si discute sono tasse che non toccano i cittadini ma chi finora è riuscito a evitare la tassazione nazionale, scaricando sulla collettività esternalità negative: chi inquina, la speculazione finanziaria, le multinazionali dell’economia digitale. Una tassazione europea dunque che ha anche una valenza sociale, di più equa ripartizione nei contribuire alla produzione di beni pubblici europei, a partire dalla transizione ecologica e digitale. Ne parlammo in un’intervista poco dopo il lancio di EURACTIV Italia nel mezzo delle trattive per il Next Generation EU.

La terza battaglia è quella per il rafforzamento dell’Unione Europea, a partire dalla pressione per lanciare effettivamente la Conferenza sul futuro dell’Europa. Un’idea inizialmente di Macron, che è stata rimandata per la pandemia, e di cui i governi non sentivano forse più l’esigenza dopo le decisioni sul Next Generation EU. Ma un tema su cui il Parlamento ha spinto, insistito, con risoluzioni e diplomazia inter-istituzionale per arrivare finalmente al lancio della Conferenza nel maggio del 2021. Con l’idea che questo coinvolgimento dei cittadini europei in un grande dibattito sul futuro dell’Europa potesse dare la spinta per aprire una fase costituente, verso una vera unione politica, con una politica estera, di sicurezza e di difesa, davvero europee, senza nascondere l’importanza della dimensione militare.

 
Grazie David per i tuoi valori, il tuo impegno, le tue battaglie, ed anche per il tuo sorriso nel portarle avanti.

By Roberto Castaldi |  EURACTIV Italia>